giovedì 14 marzo 2013

Batman #18 e Batman & Robin #18

Robin è morto e Batman deve affrontare le arcinote cinque fasi dell'elaborazione del lutto: negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione.
Così su due piedi direi che Peter Tomasi (su Batman e Robin) e Scott Snyder (su Batman) stanno descrivendo simultaneamente la negazione e la rabbia.

Ma andiamo in ordine: Batman e Robin #18

Su Twitter Snyder si è sperticato in complimenti al suo collega Tomasi per la storia, il che fa riflettere perché si tratta di un albo totalmente muto.
La sceneggiatura è comunque solidissima e, ovviamente, Peter spinge il pedale sull'emotività con una serie di immagini forse un po' retoriche ma comunque azzeccatissime. In questo senso Patrick Gleason non sbaglia una tavola. Il connubio scrittore/disegnatore stavolta è quasi perfetto. Esemplare questa sequenza per delineare la fase della negazione di cui sopra:

Alfred che piange sconsolato (cioè a me strazia il cuore vedere Alfred che piange!), Bruce che copre il quadro e lo porta via, le allucinazioni durante la discesa nella batcaverna... tutto perfetto.
Potrei mettere ogni singola vignetta dell'albo per quanto sono tutte imperdibili ed iconiche. Mi limito a questa che secondo me è quella che esplicita meglio il passaggio alla rabbia:

Ma quanto è bella ed esplicativa la vignetta della bocca contorta di Batman. C'è bisogno di aggiungere altro? In una tavola troviamo: solitudine, angoscia, disillusione de infine rabbia.
Che poi esplode violentemente in un'aggressione ai danni di ogni povero malcapitato malfattore di Gotham City. Botte da orbi per tutti e stazione di polizia ingolfata di manigoldi pestati dal Cavaliere Oscuro:



Sebbene, come ho già detto, si calchi molto la mano sul sentimento (ma ci sta visto che Bruce ha appena perso suo figlio) e sulle inquadrature ad effetto l'albo risulta essere impeccabile, probabilmente grazie alla totale assenza di testi che non avrebbero fatto altro che aumentarne, inutilmente, la retorica.
Così Batman & Robin riesce a mettere in ombra anche la testata principale che vede al timone autori ben più quotati come Snyder ed Andy Kubert (in forma smagliante tra l'altro).Il duo di Batman riparte dalla lotta serrata al crimine con cui si conclude la storia di Tomasi portando Batman allo sfinimento psico-fisico. Ai limiti dell'autodistruzione. La storia è più classica e mostra la follia di Batman attraverso gli occhi di una giovane ragazza Gothamita (Gothamese?) e non punta tanto all'effettaccio quanto la storia di Tomasi e Gleason. Da leggere anche questa, soprattutto grazie anche all'epilogo disegnato dal sempre bravissimo Alex Maleev.

martedì 12 marzo 2013

Age of Ultron #01

Per i meno adusi al Marvel Universe: Ultron è un robot virtualmente indistruttibile costruito da Hanry Pym (geniale scienziato e supereroe part-time nei panni prima di Ant-man e poi di Giant-man) e dotato di un'avanzatissima intelligenza artificiale. Siccome da 2001 Odissea nello Spazio in poi "avanzatissima intelligenza artificiale" e "malvagio sterminatore di esseri umani" sono praticamente sinonimi anche Ultron decide a settimane alterne di sterminare il genere umano. Questa è una di quelle settimane...

Bendis è un bravo scrittore, molto bravo, ma quando sei impegnato a scrivere un gozillione di storie al mese non è che te ne puoi uscire ogni volta con un colpo di genio. Ed è qui che si vede che Brian Michael Bendis è un bravo scrittore, conosce il suo mestiere.
Come si può evincere dalla copertina qui a fianco la storia parte a razzo (o come direbbe gente più colta di me: in media res) con Ultron che ha già preso a calci diversi supereroici posteriori. Se poi guardate attentamente la copertina, riflesso nel cranio del malvagio automa, sembrerebbe che l'unico eroe rimasto a fronteggiarlo sia Occhio di Falco. Sì lui, arco e frecce contro un robot fatto di adamantio e che spara raggi della morte da svariati orifizi. In USA definirebbero questa situazione: "mandare un uomo con una gamba sola ad una gara di calci in culo". Ma agli americani piacciono tanto anche gli underdog, cioè quegli sfigati che tentano imprese impossibili (cioè se gli americans mi vedessero mentre tento di rimorchiare mi adorerebbero) per cui sta cosa di Occhio di Falco ci sta tutta.
Ma dicevamo del "mestiere" di Bendis.

Esempio uno:
New York invasa da macchinari alieni, Statua della Libertà distrutta, oppressione incombente. Un classico, con questo non sbagli mai, fa sempre effetto.

Esempio due:
Peter Parker (alias Spiderman) torturato dai mafiosi locali. Immagine già meno vista che mostra quello che forse è il supereroe più amato in assoluto in condizioni pietose. Sento già il cuore del lettore medio stringersi nella sofferenza.

Esempio tre:
In una escalation di disperazione abbiamo l'immagine più sconfortante di tutte. Capitan America sconfitto, senza più speranze con lo scudo rotto ai suoi piedi.
A far da contraltare a tanta disperazione abbiamo un Occhio di Falco che tiene la scena come pochi: ben caratterizzato nella sua testarda determinazione.
Ai disegni c'è un Bryan Hitch con un tratto più sporco e meno preciso del solito. Non ho ancora capito se sia una scelta stilistica o semplicemente il frutto di un lavoro frettoloso. Per carità la qualità dei suoi disegni è sempre altissima e ogni tavola funziona perfettamente ma io preferisco l'Hitch più pulito di Authority.

In definitiva come preambolo è interessante e vedremo dove andrà a parare. Sembra infatti che il finale sia stato annunciato come uno di quelli che "l'Universo Marvel non sarà più lo stesso" o roba del genere. Io comunque scommetto su un qualcuno che viaggia indietro nel tempo e salva le chiappe a tutti. E magari muore.
Vedremo.

venerdì 8 marzo 2013

Invincible #01-#78

Normalmente sarebbe difficile recensire 78 numeri di un fumetto supereroistico USA. Salvo rarissime eccezioni, sempre più rare col passare degli anni, in un normale comic book si sarebbero avvicendati scrittori, disegnatori, sarebbero cambiate le atmosfere, i personaggi e soprattutto la qualità generale del fumetto.
Questo discorso non vale per Invincible.
Creato da Robert Kirkman (quello di The Walking Dead) e Cory Walker, Invincible mantiene inalterato lo standard qualitativo e lo "stile" dell'opera. Anche quando, con il numero 8 della serie originale, Ryan Ottley prende il posto di Walker alle matite il passaggio è praticamente indolore. A dire il vero, nonostante che nelle introduzioni dei volumi si sprechino le odi al bravissimo Cory Walker, io preferisco il tratto meno minimalista di Ottley.


Per quanto mi riguarda Invincible è stata una risposta ad una mia esigenza che al tempo era abbastanza pressante: "c'è ancora qualcuno in grado di fare un fumetto di supereroi come quelli di una volta?"
Nel 2000 la Marvel aveva lanciato la linea Ultimate avvalendosi di scrittori di altissimo livello quali Mark Millar, Brian Michael Bendis e Warren Ellis i quali avevano imposto al mercato un nuovo modo di raccontare i supereroi. Archi di storie più o meno autoconclusivi con dialoghi serrati e tempi di lettura medio-bassi. L'ideale per accaparrarsi nuovi lettori. Tutto perfetto e funzionante. Ok. Ma cosa se ne faceva ora "il mercato" di noi vecchi lettori cresciuti a pane e Claremont? Chi ci avrebbe dato le nostre super-soap-opera? Dov'erano quei bei dialoghi corposi (con magari uno spiegone buttato qua e la) e quelle sottotrame che si dipanavano per mesi o addirittura anni?

Con questa nostalgia nel cuore a Lucca Comics 2003 acquistai il primo volume di Invincible (al tempo edito dalla lungimirante Indy Press). L'effetto fu quello dei primi numeri dell'Uomo Ragno (no, non Spider-man. Noi vecchi lo chiamiamo Uomo Ragno) una boccata d'aria fresca.


Invincible ci racconta, sin dalla scoperta dei suoi poteri, la storia di Mark Grayson figlio del supereroe Omni-man alla scoperta dei superpoteri alieni ereditati dal padre. Sì perché Omni-man è un Vitrumita e (come tutti gli alieni che arrivano sulla terra a quanto pare) è superforte, invulnerabile ed è in grado di volare. Tutto scorre allegramente tra scazzottate con mostri di altre dimensioni e team-up con altri supereroi adolescenti finché... SPOILER... scopriamo che Omni-man è la testa di ponte Vitrumita per l'invasione aliena della Terra...

Potrei continuare a raccontare la trama all'infinito perché le idee che Kirkman butta in Invincible sono migliaia. Uno dei punti di forza è sicuramente la dimensione famigliare in cui è inserita la storia: il rapporto di Mark con la madre, la fidanzata, gli amici ecc... Personalmente, inoltre, quello che mi colpisce di più è la capacità degli autori di infilare scene splatter di sbudellamenti e decapitazioni senza scendere nel grim & gritty tipico di tanti fumetti anni '90.


I disegni sono semplicemente perfetti. Mai una sbavatura, ne una tavola ad effetto fuori luogo.
Unico difetto: la periodicità. In Italia la BD pubblica circa un volume l'anno (non che possa fare di più visto il ritmo dell'opera originale) ma io ne vorrei uno al giorno!



mercoledì 6 marzo 2013

L'Uomo Tigre

In contemporanea con la versione cartacea per Piceno33 e la recensione della mia amica Silvia per Prima Pagina Online eccovi la mia recensione dell'Uomo Tigre versione Director's Cut.

In Giappone il Wrestling è una cosa seria.
Molti conosceranno questo sport-spettacolo tramite la sua versione made in USA fatta di belle ragazze e melodrammatiche trame di amore/odio che fanno da contorno. I più vecchi di noi si ricorderanno del “Catch” che andava sulle TV private. C’erano Antonio Hinoki, un giovane Hulk Hogan e, soprattutto, l’Uomo Tigre.  Il Puroresu (contrazione nipponica della parola pro-wrestling) giapponese è uno sport. Certo, tutti sanno che l’andamento dei match è predeterminato (ma non finto attenzione!) ma comunque è uno Sport con la S maiuscola. Atleti che sudano sanguinano e soffrono.


tipo così:



In quest’ottica si inserisce l’opera di Ikki Kajiwara e Naoki Tsuji: Tiger Mask.
I terribili allenamenti di Tana delle Tigri

Il piccolo Naoto Date, mosso da nobili sentimenti di giustizia, decide di fuggire dall’orfanotrofio allo scopo di diventare forte, come la tigre appena vista allo zoo, per poter difendere tutti gli orfani del mondo. Dopo dieci anni torna in Giappone con l’identità di Tiger Mask, brutale e scorrettissimo wrestler membro della malvagia organizzazione Tana delle Tigri.
Non appena fa visita al suo vecchio istituto decide di tornare a combattere onestamente (per dare il buon esempio ai pargoli) e di devolvere tutti i suoi guadagni all’orfanotrofio. Questo ovviamente non fa piacere a Tana delle Tigri che invece vanta un diritto del 50% degli incassi del lottatore. Comincia così la lotta di Naoto contro gli emissari dei suoi precedenti datori di lavoro e le macchinazioni del perfido Mister X (che poi fosse stato veramente perfido invece dei wrestler avrebbe usato degli avvocati, ma questa è una mia opinione).

Il fumetto inevitabilmente risente un dell’età ma personalmente subisco molto il fascino retrò dei disegni e dei personaggi. Voglio dire: dove lo trovi in un fumetto contemporaneo un cattivo con tuba, monocolo e frac? Dovrebbero essere tutti così. Aggiungiamoci che Tiger Mask è il capostipite, insieme a “Tommy la Stella dei Giants” credo, di tutti quei personaggi del fumetto e dell’animazione nipponica che si fanno strada nella vita solo grazie ad una ferrea forza di volontà ed al trittico sofferenza/sangue/sudore del puroresu di cui sopra.

Chiunque sia cresciuto negli anni ‘80 ha visto le due serie TV ed ha gioito di fronte alle sanguinolente ma nobili gesta dell’Uomo Tigre. Adesso potremo appassionarci anche alla sua versione cartacea. Nel caso vi foste persi l’edizione della Saldapress di qualche anno fa la Panini ha cominciato a ripubblicare le gesta del nostro eroe in un nuovo formato a prezzi popolari. Leggetelo che è una cosa seria.



P.S. D'obbligo: il truculento finale della prima serie TV. Uno dei migliori episodi conclusivi di sempre (insieme a quello di Rocky Joe)

martedì 5 marzo 2013

Beta

[Disclaimer] Con questa recensione, ufficializzando la mia pigrizia, comincio a ripubblicare in versione Director's Cut gli articoli già comparsi nella rubrica di fumetti di Prima Pagina Online.
Director's Cut vuol dire che rimetto tutte le mie considerazioni stupide e gli errori grammaticali tagliati via dalla brava Silvia "Scissorhands" Forcina che cura la suddetta rubrica.

L'articolo originale lo potete leggere qui

Avete dai 30 ai 40 anni e siete cresciuti con Goldrake, Mazinga, Jet Robot, Jeeg e compagnia? Vi commuovete quando sentite le sigle scritte dal duo Tempera/Albertelli? Vi trovate spesso a dire "eh... ma i cartoni dei tempi miei erano meglio di 'sta roba che passano ora in TV"? Allora andate subito al paragrafo in fondo all'articolo segnato con l'asterisco (*)

Coloro che, invece, non soffrono l'effetto nostalgia possono continuare a leggere.


Qualche tempo fa il mio amico Valerio portò alla mia attenzione un fumetto da poco uscito usando parole del tipo "bla-bla-bla robottoni giganti bla bla bla bei disegni bla bla bla sembra fico" (il mio amico Valerio è super-logorroico per cui pratico un ascolto selettivo quando mi parla). Fatto sta che, incuriosito, passo in libreria e lo sfoglio: bei disegni, bella edizione ma... 16 euro! Cavolo. Per me era troppo. Lo rimisi sullo scaffale.
Qualche tempo dopo, durante Lucca Comics&Games 2012, mi imbatto in questi due simpatici figuri.


Luca&Luca
Sono Luca&Luca gli autori di Beta. Vuoi che a Lucca hai sempre voglia di buttarti su qualche novità, vuoi che Luca&Luca sono simpatici decido, per mia fortuna, di acquistare il fighissimo cofanetto con entrambi i volumi (più disegnini ed autografi degli autori.
Ho già avuto modo di parlare della Bao Publishing  (qui) e della sua capacità di individuare e promuovere i talenti italiani. Anche questa volta la giovane casa editrice milanese dà il giusto spazio a due autori di indubbio talento: Luca Vanzella e Luca Genovese

Vanzella imbastisce uno sci-fi d'altri tempi ambientato in un "futuro posteriore" (degli anni settanta futuristici) dove la guerra fredda si basa sulla minaccia dei Robot Giganti invece che sul terrore dell'atomica. USA e Unione Sovietica dovranno però far fronte comune per contrastare l'arrivo di mostri Bio-Meccanici che minacciano la terra.
 
Il protagonista è il giovane e ribelle Dennis Beta (modellato sulle fattezze di Hayato Jin di Getter Robot) pilota dello Spartacus, e successivamente del Beta, nonché figlio dell'inventore dei suddetti robot. La storia è adrenalinica e appassionante condita da un pizzico di romance e mistero.
Beta
Per molti versi l'atmosfera è quella di "Getter Robot -  the last day" con la differenza che qui ci è data la possiblità di capirci qualcosa (e sporattutto in Beta i personaggi non continuano a dire "ma allora lui è...",  "la verità è che..." senza che venga mai data una vera spiegazione). 
Genovese disegna il tutto con uno stile molto personale e, fortunatamente aggiungo io, non cerca di fare il verso agli autori nipponici ma punta molto sulla dinamicità delle tavole e alza il ritmo della narrazione sacrificando, a volte, la leggibilità di alcune scene d'azione. Il tutto però in perfetta sintonia con i testi di Vanzella. I robot, i mostri e la tecnologia hanno contemporaneamente un gusto retrò e futuristico creando un bell'effetto. Il risultato è quello di un fumetto che trascina il lettore dalla prima all'ultima pagina senza sbavature o incertezze.
Sebbene il prezzo possa spaventare (2 volumi da 16 euro ciascuno o un bel cofanetto a 32 euro) Beta merita di essere acquistato, letto e collezionato, sia che siate dei reduci nostalgici dei robottoni di Go Nagai o che siate dei fan di fantascienza dell'ultima ora. 




(*)Dovete comprare Beta: robot giganti, mostri alieni, robot giganti, pugni a razzo, robot giganti, superscienziati che complottano per impadronirsi del mondo, robot giganti, storie d'amore in tempo di guerra e l'ho già detto che ci sono i robot giganti? Qualunque cosa stiate facendo interrompetela, uscite di casa e compratelo! Ora!

domenica 3 marzo 2013

Guardians of the Galaxy 0.1

Nel 2014 (ad Agosto per la precisione) uscirà il film dei Guardiani della Galassia diretto da James Gunn.

Concept art del film Guardians of the Galaxy

Ovviamente sarà fichissimo: effetti speciali a nastro, alieni, astronavi, pistole laser, esplosioni, pew pew ecc...
Dal giorno successivo dell'uscita del trailer e via via in un crescendo di pateticità raggiunto solo finora dal post-Avengers una miriade di finti-nerd saccheggerà wikipedia per dirvi che loro erano fan dei GotG da anni "before it was cool". Io mi porto avanti con i tempi e vi dico che conosco e seguo questo "supergruppo" sin dal 1994 quando la Play Press pubblicò il ciclo di Jim Valentino ed erano così:
Ovviamente ci sono incarnazioni precedenti di questo gruppo ma io non li conoscevo (ho recuperato qualcosa successivamente ma vabbè) per cui li seguo dal 94, e chiudiamola qui.
Nella mia testa poi i Guardians sono sempre stati una decente copia della Legion of Superheroes di cui sono fan hadcore (adesso tutti i nerdoni potrebbero copiaincollarmi interi pezzi di wikipedia o comic-vine per dimostrarmi che non è così ed è per questo che ho scritto "nella mia testa". Non pretendo di essere oggettivo) per cui li leggo sempre con piacere.

Facciamola breve però. Questa settimana, nell'ambito del rilancio delle sue testate "cosmiche", la Marvel ci ripropone i Guardians of the Galaxy in chiave molto più sci-fi che supereroistica. Il numero 0.1 di GotG che fa da prequel alla serie segue più o meno lo stesso canovaccio del primo numero di Nova uscito anch'esso questo mese: ragazzino sfigato orfano di un padre che, a sentire la madre, sostiene di essere un principe/guerriero di una qualche stirpe aliena. Ovviamente il giovane ritiene sua madre una povera mitomane fin quando arrivano gli alieni verdi che a suon di esplosioni gli fanno capire che invece è tutto vero.

Ah sì, SPOILER, la mamma muore.

Per la cronaca la trama di Nova è grossomodo identica con la differenza che il padre è un bidello ubriacone che sostiene di essere un potente guerriero spaziale.
Ovviamente un numero zero non ha mai grosse pretese e Bendis fa il suo, sempre ottimo, lavoro narrandoci le origini di Star-lord dall'incontro dei suoi genitori fino ad arrivare ai giorni nostri in cui è su un'astronave in compagnia di altri alieni e Tony Stark (che dall'uscita di Iron Man la Marvel lo infila a forza in tutte le sue testate pur di vendere qualche centinaio di copie in più).
La storia, tutta ambientata sulla terra, manca quindi di quel respiro cosmico-fantascientifico che ci aspettiamo dalla serie ma compensa con il fattore "identificazione dei giovani lettori col ragazzetto sfigato che poi diventerà un grande eroe" che da Karate-Kid in poi riscuote sempre molto successo.
I disegni di Steve McNiven hanno sempre quella eleganza che li contraddistingue: capelli al vento che manco Lady Isabel dei Cavalieri dello Zodiaco ed una strizzata d'occhio al tratto Travis Charest. Il tutto con impaginazione semplice semplice che scorre come il vino buono.

Un buon lavoro, per essere un prequel, aspetto con interesse la serie regolare.

P.S. Idiota: Gli alieni cattivi si chiamano Badoon ed io non posso fare a meno di pensare che si tratti di una razza aliena che tenta di invadere la terra utilizzando foto tarocche sul quasi omonimo sito di rimorchio on-line.

sabato 2 marzo 2013

Una vita tra i Margini

"un manga che non è un manga"

Così si può sintetizzare efficientemente quest'opera autobiografica di Yoshiro Tatsumi.

Aldilà di quello che tanti editori e critici vogliono farci credere il manga non è un genere. "Manga" è il termine giapponese per indicare il fumetto. Per cui laddove negli Stati Uniti è "comics", in Francia è "bande dessinée" ed in Argentina è "historieta" in Giappone l'Arte Sequenziale (così come l'ha definita il grande Will Eisner) si chiama "manga".
Per cui ad essere pignoli "un manga che non è un manga" vorrebbe dire, più o meno "un fumetto che non è un fumetto". Questa definizione però ha una sfumatura diversa se la contestualizziamo al periodo storico in cui sono ambientate le vicende di Hiroshi Katsumi (alter-ego dell'autore) e del fratello Okimasa. È il 1948 ed in un Giappone che si sta risollevando dalla guerra irrompe prepotentemente nel mondo dell'editoria il Genio di Osamu Tezuka. La novità portata dall'inventore dello Story manga è talmente rivoluzionaria che ottiene un successo di pubblica incredibile ed influenza pesantemente chiunque graviti intorno al mondo dei fumetti giapponesi. Che si parli di editori, disegnatori o semplici lettori tutti vogliono Tezuka. Ed è così che "Manga" diventa sinonimo di "Manga alla Tezuka": con tutti gli stilemi dettati dal mangaka di Takarazuka (occhioni, deformazioni umoristiche, tavole dinamiche ecc...). 



Anche Hiroshi ed il fratello sono fan sfegatati di Tezuka ed anche loro decidono di mettersi a disegnare manga. Per farla breve ad un certo punto il nostro protagonista (che, non dimentichiamo, è anche l'autore stesso) decide di sperimentare un nuovo modo di fare fumetti: più realistico, senza esagerazioni o comic relief. Un manga non alla Tezuka, "un manga che non è un manga" appunto: il Gekiga.

Tutta questa introduzione per dire una sola cosa: "Una vita tra i margini" è un esempio di grande fumetto. Cerco di usare il termine capolavoro con quanta più parsimonia possibile per cui non lo userò ora: ma ci andiamo vicino. si presta a diverse chiavi di lettura: quella, immediata, autobiografica è forse la più interessante. Ci immergiamo con semplicità, e senza la pomposità fastidiosa di molte altre biografie, nella vita di Yoshiro, il lato profondamente umano di un artista che ama svisceratamente il suo lavoro.L'Amore per il manga (e non solo per i suoi ma per il mezzo in generale), il desiderio di sperimentare, migliorare e migliorarsi. Ecco, se dovessi riassumere in poche parole questo volume direi che è una storia d'Amore con la A maiuscola.
Detto questo Tatsumi ci offre anche un interessantissima visione di quel periodo storico fondamentale per la formazione della società giapponese odierna ed anche una visione sulla nascita dell'editoria a fumetti (che oggi genera circa il 10% del PIL nipponico). Personalmente leggerlo mi ha dato una nuova prospettiva di lettura su un altro Gekiga acquistato recentemente: Golgo 13 di Takao Saito (che compare nel volume). Infina abbiamo un Gekiga che racconta la nascita del Gekiga: metafumetto come se piovesse.



I disegni potranno far storcere il naso agli appassionati del manga alla Shonen Jump. Il tratto è semplice e l'impaginazione è spartana. Tutto pinta ull'efficacia della narrazione senza effetti speciali o facili colpi di scena. L'arte del fumetto gira tutto intorno a ciò che non viene detto ed a ciò che non viene mostrato (cioè tutto quello che succede tra una vignetta ed un'altra ed avviene solo nella testa dell lettore). Qui c'è di che appassionarsi.